Negli ultimi anni il dibattito internazionale sul potenziale terapeutico degli psichedelici ha conosciuto un’accelerazione senza precedenti, e l’Italia non è rimasta a guardare. Tra le sostanze più studiate c’è la psilocibina, un alcaloide presente in alcuni funghi comunemente noti come “allucinogeni”. Se a lungo questa molecola è stata associata esclusivamente a contesti illegali o controculturali, oggi la ricerca scientifica e clinica ne sta riscoprendo il valore come possibile risorsa per affrontare disturbi psichiatrici complessi, in particolare la depressione resistente ai trattamenti convenzionali.
Le evidenze internazionali raccolte da centri come la Johns Hopkins University e l’Imperial College di Londra mostrano dati promettenti sull’impiego della psilocibina nel trattamento di depressione maggiore, ansia e disturbi correlati allo stress. Anche l’Italia vanta una tradizione scientifica non trascurabile: già tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento furono condotti studi clinici che oggi vengono rivalutati alla luce dei nuovi approcci metodologici.

Il quadro normativo resta tuttavia complesso. La psilocibina è ancora inserita nelle tabelle delle sostanze psicotrope controllate, e quindi la sua produzione, detenzione e utilizzo sono vietati al di fuori di contesti autorizzati. Nonostante ciò, alcune aperture significative hanno iniziato a delinearsi. L’Agenzia Italiana del Farmaco ha infatti autorizzato di recente uno studio sperimentale presso l’ospedale di Chieti, finanziato attraverso fondi del PNRR, con l’obiettivo di valutare l’efficacia della psilocibina nella depressione resistente. Si tratta di un passaggio importante, perché per la prima volta dati clinici italiani permetteranno di confrontarsi con le ricerche già avviate all’estero, contribuendo a definire se e come questa sostanza possa entrare in futuro nei protocolli terapeutici ufficiali.
Parallelamente alla ricerca, anche la formazione inizia a muovere i primi passi. Nel 2025 prenderà il via a Pescara il primo corso italiano dedicato alle terapie assistite con psichedelici. Il percorso, della durata di circa 300 ore, è rivolto a psichiatri, psicologi e psicoterapeuti e affronterà in maniera sistematica l’uso di diverse molecole, tra cui psilocibina, LSD, MDMA, ketamina, DMT e mescalina. Non si tratterà solo di nozioni farmacologiche: il programma intende fornire competenze cliniche, etiche e psicoterapeutiche, con particolare attenzione all’integrazione post-sessione e alla gestione dei rischi. Il corso è promosso da “Illuminismo Psichedelico Academy”, nata dall’esperienza del podcast omonimo, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, e rappresenta un segnale concreto della volontà di costruire un approccio formativo strutturato in questo ambito.
Le sfide restano numerose. Da un lato c’è la necessità di una regolamentazione chiara, che definisca criteri di accesso, setting clinici e standard di sicurezza per l’impiego terapeutico degli psichedelici. Dall’altro è cruciale che i professionisti acquisiscano non solo conoscenze tecniche, ma anche capacità di accompagnare i pazienti lungo il percorso, dall’esperienza psichedelica alla sua elaborazione psicologica, in un contesto protetto e supportivo.
Il 2025 segna dunque un momento di svolta per l’Italia. Se la ricerca clinica porterà risultati positivi e i professionisti sapranno formarsi in modo adeguato, la terapia psilocibinica potrebbe trasformarsi da frontiera sperimentale a nuova opportunità per la salute mentale. Il cammino è ancora lungo, ma l’apertura di studi autorizzati e l’avvio dei primi corsi di formazione indicano che il Paese ha iniziato a muovere i primi passi concreti verso una possibile rivoluzione terapeutica.
Autore: Redazione
Fonti:
https://www.cesda.net/2025/07/27/studio-sperimentale-sulla-psilocibina-a-chieti/?utm_source=chatgpt.com
https://www.asl2abruzzo.it/da-un-fungo-allucinogeno-una-speranza-per-la-depressione-resistente-parte-da-chieti-una-sperimentazione-autorizzata-dallaifa/