Fin dai tempi antichi, la medicina è stata non solo scienza, ma anche arte e vocazione etica. A partire dal Giuramento di Ippocrate, il rispetto per la persona e la sua dignità è sempre stato un pilastro fondamentale dell’agire medico.
Con l’avvento della medicina moderna, in particolare dalla metà dell’Ottocento, la scienza medica ha fatto passi da gigante grazie alla fisiologia, alla biologia e alla ricerca sperimentale. Tuttavia, questo progresso ha portato anche a una visione sempre più meccanicistica della malattia, dove il corpo è visto come una macchina da riparare e il paziente rischia di diventare solo un “caso clinico”, perdendo la sua unicità e umanità.
Nel contesto dell’oncologia – dove la malattia coinvolge profondamente corpo, mente e relazioni – è oggi più che mai urgente riaffermare il valore della dignità del paziente. L’umanizzazione delle cure non è un’aggiunta “gentile” al trattamento, ma una necessità etica e clinica. Il modello biopsicosociale propone un approccio che considera non solo i dati biologici, ma anche gli aspetti psicologici e sociali della persona, restituendo al paziente il suo ruolo centrale.

Recuperare le radici umanistiche della medicina significa coniugare competenza scientifica e attenzione alla persona, perché curare non vuol dire solo “guarire”, ma anche prendersi cura, ascoltare, accompagnare. Soprattutto in oncologia, dove la fragilità si fa evidente, è fondamentale non dimenticare che dietro ogni diagnosi c’è una storia, un volto, una dignità da rispettare.
Ringraziamo il Dott. Pietro Masullo per averci gentilmente concesso la pubblicazione di questo contributo, prezioso spunto di riflessione sul valore umano della medicina.
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1Pietro Masullo, Medico Chirurgo, specialista in oncologia. Direttore a r. UOC Oncologia Ospedale San Luca Vallo della Lucania (SA)
Autore: Redazione
Fonti: su gentile concessione Dott. Pietro Masullo